Tessitrici di Destini

Carla Abril Maizon

[ ARG ]

VERNISSAGE MOSTRA

VENERDÌ – 11 APR 2025

18:00

Le rinascite di una persona possono essere infinite, manifestandosi in diversi momenti della vita, a qualsiasi età. La capacità di rinascere e rifiorire è il risultato di un processo di consapevolezza, un atto di trasformazione che ci spinge a compiere scelte decisive, determinando il percorso che intraprenderemo. Ognuno di noi ha vissuto momenti in cui si è sentito sprofondare nell’abisso, come se stesse annegando, per poi trovare dentro di sé la forza di risalire. Abbiamo attraversato il nostro personale autunno o inverno, perdendo i petali di ciò che eravamo, per poi accogliere una nuova primavera e rifiorire, ancora più splendenti di prima.

È proprio questo concetto che mi ha ispirato a intitolare la mostra Tessitrici di Destini. Tessere il proprio destino significa essere artefici della propria vita, del proprio futuro: come il tessitore intreccia i fili, nella vita si intrecciano relazioni, scelte, esperienze, emozioni, che piano piano vanno a dare alla luce le persone che siamo, ma è un lavoro per il quale si ha bisogno di pazienza e tempo, un lavoro nel quale spesso un filo può rompersi ma può essere riparato, così come gli errori nella vita, abbiamo tutti la possibilità di correggersi e ripartire. Le Tessitrici di Destini sono coloro che non si lasciano guidare passivamente dalla vita, ma scelgono di darle una propria forma. Non aspettano che le cose accadano, ma le fanno accadere. Non accettano il futuro come qualcosa di già deciso, ma prendono in mano i “fili” della propria esistenza e li intrecciano con cura, trasformando ogni esperienza  in qualcosa di significativo.Non si arrendono davanti agli ostacoli, ma trovano il modo di ricucire gli strappi e di creare nuovi percorsi.

Per questa mostra sono state selezionate nove artiste, le cui ricerche artistiche sono accomunate da un filo conduttore tematico che si riflette nelle loro opere. Attraverso esse, le artiste qui presentate intrecceranno un dialogo sulla trasformazione, la memoria, il corpo e la natura. Le loro pratiche si intersecano nel tentativo di esplorare e ridefinire la femminilità, l’identità e il legame con tutto ciò che le circonda.

Rosita D’Agrosa, con la serie Mutatis Mutanda, trasforma un capo d’abbigliamento quotidiano in un simbolo di resistenza e potere ancestrale. Il ciclo mestruale diventa il fulcro di un racconto sulla metamorfosi, sul rinnovamento e sulla resilienza del corpo femminile, esplorando il passaggio del tempo attraverso un oggetto che muta con esso. Allo stesso modo, Paola Tassetti, con Molecola Libera Indigena, si muove tra biologia, botanica e antropologia per restituire un’immagine della donna come essenza fertile e feconda, portatrice di una nuova coscienza. La sua multidisciplinarietà si traduce in una poetica che unisce natura e anatomia umana, in una costante ricerca di armonia tra interno ed esterno. Questa tensione tra corpo e trasformazione è presente anche nel lavoro di Harita Asumani, che con I’m in a Strange Position mette in scena il percorso di auto-consapevolezza femminile attraverso figure in movimento. Le sue donne, libere ed erotiche, incarnano un’accettazione di sé slegata dagli schemi imposti, un’esplorazione della propria essenza attraverso la fisicità e l’emozione. Simile tensione si ritrova nel progetto Il Viaggio di Penelope di Claudia Villani, che trasforma tessuto e parola in una mappa collettiva di memorie e resistenza. Il recupero di abiti di riciclo e la creazione di un arazzo simbolico mettono in scena un dialogo tra il femminile e l’ambiente, tra storia e rinnovamento, in un viaggio itinerante che promuove una visione sostenibile e comunitaria. Barbara Ventura con l’opera Corpo_01 riflette sulla fragilità e sulla forza della carta come metafora del corpo e della memoria. Il suo lavoro si nutre di un gesto poetico e performativo, dove la materia si fa testimone di pensieri, segni e stratificazioni del vissuto. L’opera si intreccia con le parole di Candelaria Romero, evocando il pellegrinaggio del corpo tra vulnerabilità e resistenza. L’universo vegetale e l’identità femminile emergono nel lavoro di Fatma Ibrahimi. I suoi vegetali inesistenti evocano organi, corpi, oggetti quotidiani, in una narrazione che oscilla tra reale e immaginario, tra natura e simbolo, tra il trauma della depressione post-partum e la rinascita. Il tema della separazione e della dualità è al centro di Semina Paradoxa #2, dove il separé diventa un oggetto simbolico che divide e unisce, escludendo e proteggendo al tempo stesso. Antinea Jimena Pérez Castro con Guietiqui ci trasporta in un viaggio onirico e rituale, dove la cura del corpo e della memoria si intreccia con la natura. L’ombra del giardino diventa un luogo di riconciliazione con il passato e con il trauma, in una dimensione di guarigione collettiva che si manifesta attraverso immagini, installazioni e performance. Lisa Eleuteri con Land Bodies II riflette sul corpo femminile come territorio colonizzato, un’estensione della natura da sempre soggetta a conquista e dominio. Il suo lavoro evidenzia lo sguardo storico maschile sulla rappresentazione della donna, interrogandosi su nuove possibilità di narrazione e autodeterminazione. Infine, Daniela Di Lullo con Climax esplora la tensione tra appartenenza e introspezione, tra il desiderio di fusione con il gruppo e l’esigenza di affermare la propria individualità. Attraverso un gioco di cromie e simbolismi, il corpo diventa uno spazio di negoziazione tra la dimensione collettiva e quella interiore.

Tutte queste artiste, pur nelle loro diversità espressive, condividono una ricerca comune sulla trasformazione, sull’identità femminile e sul rapporto tra corpo. I loro lavori si fanno veicoli di memoria, resistenza e rinascita, tracciando un percorso che ci invita a ripensare il femminile in relazione alla storia, alla natura e alla collettività. Come delle tessere di un mosaico, ciascuna artista rappresenta un elemento unico e imprescindibile, contribuendo con la propria visione a creare un insieme armonioso. Le loro diversità e unicità si intrecciano, dando vita a una mostra unica, in cui ogni contributo arricchisce il dialogo tra le opere.


Carla Abril Maizon

Curatrice

Nata a Buenos Aires nel 1997, si trasferisce nella provincia di Teramo nel 2003. Dopo il diploma in ambito turistico, ha intrapreso un percorso universitario nel settore artistico-culturale, conseguendo la laurea triennale in Diritto dei Beni Culturali presso l’Università degli Studi di Macerata e specializzandosi successivamente all’Università di Bologna, nel Campus di Ravenna, con una tesi dedicata alla valorizzazione del patrimonio culturale.

Muove i primi passi svolgendo un tirocinio come operatrice museale presso la Pinacoteca Civica di Ascoli Piceno e presso la Fortezza di Civitella del Tronto. Dal 2020 al 2022 lavora come operatrice museale nella Fondazione Malvina Menegaz di Castelbasso (TE). Dal 2023 matura esperienze nell’editoria dell’arte, collaborando con la rivista Segno, nella quale è attualmente redattrice. Parallelamente, ricopre il ruolo di responsabile della comunicazione e coordinatrice di mostre presso la galleria YAG/garage di Pescara. È tra i membri fondatori di Pubblica_lab, spazio dedicato alla promozione artistica e culturale nella provincia di Teramo. Appassionata d’arte, con un particolare interesse per la scena contemporanea emergente, Carla Abril Maizon debutta nella curatela con la sua prima mostra presso lo spazio di Pubblica_lab.